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Alcune immagini delle “campagne social”

Il social-marketing che arriva dalla Rete

01.07.2014

Barilla, Sambuca Molinari, Eataly, Birra Moretti, Findus: aziende che avevano speso milioni in marketing per i Mondiali hanno creato “instant-campaign” per sfruttare il morso di Suarez a Chiellini. Hanno inondato Facebook e Twitter, giocando sul sarcasmo e il “fattore simpatia” di un gestaccio che sui media tradizionali non avrebbero potuto sdoganare…

Luis Suarez non immaginava certo, quando ha morso Chiellini, di diventare testimonial involontario di molte aziende che, approfittando del gesto clamoroso, hanno sfruttato a dovere un’occasione inaspettata. Anzi, a rimetterci dal punto di vista economico, è stato proprio l’attaccante del Liverpool e della Nazionale uruguaiana, abbandonato dagli sponsor.

La storia è curiosa da almeno due punti di vista: quello più prettamente tecnico, che pertiene alla pubblicità, e quello che riguarda un nuovo tipo di senso comune. Da Barilla a Eataly, dalla Puma alle case che producono alcolici, alcuni marchi famosi e altri meno noti hanno deciso di cogliere la palla al balzo usando prontamente il «morso» per promuovere i loro prodotti. L’operazione è stata resa possibile dall’eco mediatica e globale che accompagna un evento come il Mondiale di calcio.

Nessuna programmazione, nessuna campagna pensata e pianificata, nessun brainstorming per piegare la fantasia alle regole del mercato. Il social marketing funziona così, un po’ all’impronta, tendendo l’orecchio agli scatenamenti della Rete, a episodi di user generated content. Dove non ci sono regole, dove ognuno può dire la sua, è più facile accendere l’ironia, ribaltare luoghi comuni attraverso il sarcasmo, trasformare un gesto «cattivo» in una buona causa per la comunicazione. Questione di prontezza, di rapidità, di agilità mentale.

Se i media tradizionali non si sintonizzano con i nuovi tempi (tempi materiali e tempi morali) rischiano l’estinzione: la copertina del New York Post del 25 giugno è un buon esempio di tempestività; anche il «vecchio» David Letterman ha subito dedicato la sua «Top Ten» alle dieci cose che ha pensato Suarez mentre morsicava Chiellini.
 
Ma c’è un altro aspetto curioso: perché un atto ritenuto «riprovevole» dai più (sanzionato pesantemente dalla giustizia sportiva e da quella degli sponsor) si trasforma nel suo contrario, in un gesto encomiabile? Si potrebbe dire che il senso comune dei media tradizionali è diverso dal senso comune della Rete.

O che la pubblicità è un continuo esperimento sull’immaginazione morale collettiva. O che i beni di consumo sono il bene più pratico che conosciamo. Sta di fatto che la comunicazione esplode solo quando è in grado di mordere sul «reale». Elevandosi a surreale .

Aldo Grasso
Il Corriere della Sera