Il processo innescato sul mondo bancario italiano dal governo Renzi nel gennaio 2015 con l’obiettivo di imporre il cambiamento della forma giuridica in SPA alle banche popolari, almeno quelle con patrimonio sopra gli 8 miliardi, ha prodotto effetti sicuramente difficili da valutare.
Il sistema bancario italiano è andato di fatto in parziale default e non solo per le banche salvate dal ‘Bail In’ nello scorso autunno (Popolare Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFerrara), ma con un evidente allargamento delle problematiche che hanno azzerato per esempio i valori azionari di Veneto Banca e Popolare di Vicenza. Di fatto il cambiamento era stato chiesto dall’EBA e dalle direttive di Basilea che imponevano un innalzamento dei ratio patrimoniali. Il sistema finanziario italiano si è poi scoperto in questi due anni, non aver lavorato a fondo su NPL (crediti deteriorati) e prestiti subordinati quali fattori di calcolo sul patrimonio.
Una pagina nuova
Con l’approvazione in questi giorni della fusione da parte della Popolare di Milano, dopo l’esito più scontato del Banco Popolare, si apre uno spiraglio nel mondo degli investitori. La nascita del terzo polo bancario italiano è un risultato importante che potrebbe guadagnare visibilità positiva su un settore che è rimasto emarginato dall'attenzione degli investitori internazionali perché ritenuto incapace di potersi rigenerare da solo. In realtà sono in corso operazioni interne ed esterne che già nei prossimi mesi rimetteranno in ordine i conti dei più importanti gruppi italiani, con la possibilità di un flusso di investimenti mirati che il mercato azionario italiano si attende da tempo.
Enrico Ciola