Teo Musso, da Piozzo,nel Cuneese, è nato a due passi dalle “Langhe del Barolo,” ma 15 anni fa, quando in molti gli hanno dato del visionario, ha inventato il marchio “Baladin” e oggi è il guru degli artigiani di bionde, rosse e scure. La sua azienda è stata appena eletta burrificio dell’anno.
Secondo lei è, come dicono gli americani, il momento di investire in birra?
“Andiamoci piano. Il mondo dei birrifici artigianali italiani è in fase adolescenziale. I birrifici attivi sono poco meno di 500, un numero spropositato per quanta birra si beve in Italia”.
Vuol dire che è tutto un bluff?
“No, tutt’altro. Si tratta di un fenomeno in crescita, sicuramente. Ma quanto esce dai birrifici artigianali vale l’1,5 % del consumo di birra in Italia. In cinque anni arriveremo probabilmente al cinque per cento, la crescita esponenziale è garantita, ma andiamo con calma”.
Che cosa non la convince?
“Il quadro nazionale è fatto al 95 % su unità produttive microscopiche e questo rende il mercato molto debole”.
In America è diverso?
“Certo. Negli Stati Uniti i birrifici artigianali attivi sono circa 1.500. La media produce tra i trenta e i quarantamila ettolitri per azienda. In Italia la media è 750 ettolitri. Un dato che dice tutto. Anche da noi con il crescere del mercato cresceranno i dati di produzione, ma per ora parliamo di aziende troppo piccole per interessare gli investitori”.
Perché Baladin funzione?
“Credo di aver insegnato all’Italia una strada che ci ha fatto diventare un esempio mondiale. Siamo stati i primo a portare la birra artigianale sulle tavole dei grandi ristoranti. Con questo stimolo i birrifici artigianali italiani sono diventati un fenomeno unico nel Pianeta per la sperimentazione delle materie prime del territorio. Dalla castagna alla zucca. Ora sono circa duecento le etichette che producono birra legata al territorio”.
Vede dunque che il futuro è roseo?
“Non tutti potranno tirare avanti con numeri così bassi. Anche se in questo momento il mercato è propizio”.
Torniamo alla domanda di partenza. Consiglia di investire in birrifici artigianali?
“È importante trovare investitori che credano in progetti seri legati al territorio. In cambio, un’azienda deve strutturarsi soprattutto con la distribuzione. I Mastri birrai umbri sono un caso moto interessante. Sono sul mercato da un anno e mezzo e hanno venduto – esattamente come Baladin – circa 10 mila ettolitri di birra nel 2012. Ci sono riusciti puntando solo sulla grande distribuzione”.
Che caratteristiche deve avere un birrificio per essere sostenibile?
“Non deve essere piccolo, ma medio con capacità produttive da 10 mila ettolitri l’anno. Certo, deve essere chiaro a tutti che sono investimenti da milioni di euro e che i risultati si cominciano a vedere, quando va bene, dopo cinque anni. E nel 2018 non è sicuro che il mercato tirerà come ora. Ma dal 1997, anno in cui uscirono le mie prime etichette, Isaac e Super, abbiamo centrati un successo importante: spiegare al mercato che c’è spazio per birre diverse e vive, non pastorizzate, ma microfiltrate. Anche la Germania segue la nostra strada e per i loro progetti hanno scelto il bicchiere da birra che ho disegnato. Una bella soddisfazione”.
Luca Ferrua
“La Stampa”
Lunedì 25 marzo – pagina 23
Il pioniere Musso: “Il mercato italiano è solo adolescente”
03.04.2013