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Un piccolo colpo di genio italiano

09.08.2013

La mattina, alzandosi, la prima cosa che si fa è mettere su il caffé, ovvero la Moka. Per questo è uno degli oggetti più presenti nelle nostre case, come i bicchieri, le tazze, i piatti. L’ha inventata un artigiano, Alfonso Bialetti, ed è uno degli esempi più eclatanti di design senza designer: Bialetti aveva imparato a lavorare i metalli a Parigi, rientrato in Italia a Crusinallo, paese piemontese, ora provincia di Verbania, aveva aperto negli anni Trenta un’officina. Guardando le donne del lago fare il bucato, ebbe nel 1933 l’idea di fare il caffé con una tecnica simile. Sino a quell’anno c’erano due strumenti per farlo: il pentolino al Nord e la napoletana al Sud. La Moka li sbaragliò entrambi, ma solo dal dopoguerra.
Inizialmente Bialetti ne produsse una piccola tiratura, e l’oggetto ebbe diffusione locale. La sua forma ottagonale, così imitata in seguito, è un prodotto dell’Art déco. Il suo stile modernista fece sì che si potesse portare in tavola la caffettiera, mentre in precedenza le tazzine si riempivano in cucina. Il suo nome deriva da un tipo di caffè, Moka. Pur avendo un nome femminile la Moka è un oggetto maschile, per la sua forma a spigoli vivi e per il modo con cui si produce il caffé, per ebollizione, per risalita, e non più per caduta come nella napoletana, caffettiera dalla personalità femminile. La Moka ricorda anche le architetture della tradizione italiana: il battistero, la torre. Ma prima di affermarsi, di diventare un oggetto onnipresente, fu necessario il ritorno dalla prigionia in Germania del figlio di Alfonso, Renato, che nel 1946 ne inventò il racconto: lo storytelling di una macchina che permette di fare un caffé come quello del bar, ma in casa. Pur avendo subito la concorrenza delle cialde – dal caffè-casa al caffè-boutique – la Moka è un perfetto esempio dell’inventiva italiana per cui l’innovazione è stata, per cinque decenni, legata a tre elementi: artigianato, famiglia e provincia. Alfonso Bialetti, artigiano dell’alluminio, per imporre il suo prodotto ha avuto bisogno del marketing del figlio Renato. La Moka, come più di recente i quaderni Moleskine, sono scoperte dell’acqua calda, si può proprio dire, piccoli colpi di genio in cui iamo stati, e speriamo di essere ancora, dei veri maestri.

Marco Belpoliti
La Stampa
Lunedì 5 agosto – pagina 22

PS: La Moka è stata prodotta in oltre 200 milioni di esemplari, inimitabile (seppur imitata in lungo e in largo) è diventata un oggetto di culto e la si trova nella collezione permanente della Triennale di Milano e al MoMa di New York. Attualmente il brand Bialetti è di proprietà del Gruppo Ranzoni che ne ha voluto mantenere non solo il marchio ma ne ha dato il nome (Bialetti Industrie) all’intera produzione. L’Omino coi baffi del logo Bialetti è la caricatura di Renato Bialetti, figlio dell’inventore della Moka